4.2 Didgeridoo Tradizionale

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COSTRUZIONE DEL DIDGERIDOO
4.2 Tradizionale

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La costruzione tradizionale di strumenti è svolta solo in una piccola zona dell’Australia. In queste zone, alcune persone vengono considerate artigiani e custodi della tradizione.
All’interno della stessa Arnhem Land vi sono due differenti tipi di strumenti, l’Yidaki ed il Mago, tuttavia il procedimento di costruzione è simile, variando quasi esclusivamente nelle dimensioni interne.
L’artigiano, secondo l’esperienza, la conoscenza del territorio e quindi anche dei differenti tipi di eucalipti, incomincia la sua ricerca attraverso la foresta. La sua scelta determinerà la buona riuscita o meno dello strumento finito.
Una volta avvistato un albero che paia fare al caso dell’artigiano, dapprima verrà scortecciata una piccola parte su cui si batterà col dito oppure si darà un colpo con l’ascia per intuire l’entità e le dimensioni della parte mangiata dalle termiti.
Dopo essere giudicato buono, l’albero verrà abbattuto lasciando un ceppo alto tra i 30 cm ed il metro. Successivamente si taglierà ad una dimensione approssimativa, poco più lunga dello strumento finito.
Dalla parte in cui verrà l’imboccatura, il fusto sarà tagliato fino ad incontrare un diametro pressappoco corretto; questo ultimo dovrà poi essere allargato a dimensione ottimale secondo i gusti personali del costruttore. Il diametro potrà quindi variare tra i 20 ed i 40 millimetri anche se intorno ai 30 sembra essere la dimensione più utilizzata.
La fase successiva è quella della pulizia interna dalle scorie e residui lasciati dalle termiti e valutazione delle forme interne. Se queste non dovessero soddisfare, il tronco verrà abbandonato o destinato ad essere bruciato.
Ora è pronto per la prova del suono. Se l’artigiano, suonando, si accorgesse che lo strumento non è adeguato, lo scarterà. Se passa quest’ultima prova, il fusto viene destinato alla stagionatura che può avvenire in differenti modi. Quello anticamente più utilizzato è di immergere il fusto per qualche giorno o qualche settimana in una pozzanghera abbastanza profonda, oppure nell’acqua salata se in vicinanza del mare.
Questa tecnica è utilizzata anche in Europa ed America del nord dove i grossi tronchi destinati alle segherie, vengono buttati nel fiume e raccolti a valle dove appunto vengono poi stagionati e lavorati.
Questo dovrebbe diminuire il rischio di crepe.
A volte invece, per velocizzare la procedura, si utilizza sabbia calda e tizzoni ardenti.
Ma il lavoro non finisce qui, a seconda delle dimensioni esterne in relazione alla parte termitata, bisognerà eliminare l’eccesso di spessore del legno.
Sovente nei Mago, più cilindrici, la forma esterna rimane inalterata, mentre gli Yidaki, nella quasi totalità dei casi, dovranno essere rastremati verso l’imboccatura prendendo una forma decisamente conica.
Infine, gli strumenti vengono decorati. Ovviamente, questo appena descritto è il metodo tradizionale, le conoscenze di questi artigiani assicurano su ogni strumento caratteristiche e temperamento tipiche e riconosciute in tutto il mondo. Basta nominare il tipo di “didjeridoo” con i nomi di Yidaki o Mago per capire come suoneranno e, date le decorazioni e le forme, un suonatore attento è facilmente in grado di distinguerli e di riconoscerli senza ombra di dubbio.
Da strumento a strumento possono esserci differenze di nota ma anche di timbro; queste differenze sono però minimali rispetto alle differenze con gli altri didjeridoo che si trovano in commercio.
Per quanto su detto, tutti gli altri didjeridoo in eucalipto prodotti da aborigeni (non custodi della tradizione) o da bianchi sono difficilmente riconoscibili o “catalogabili”; alcuni potranno essere di ottima qualità e fattura, ma più sovente avranno forme e dimensioni che seguono più il caso che non la logica.
Alcuni potrebbero essere eccellenti, altri solo buoni o mediocri. In molti casi però è da tenere a mente che il didjeridoo si è sviluppato in un fazzoletto di terra ridottissimo rispetto all’Australia. Quindi un ramo esclusivamente termitato non dà garanzia sulla suonabilità o sulla qualità del suono. Inoltre, dopo le Olimpiadi di Sidney nelle quali il didjeridoo fu utilizzato come simbolo dell’Australia, si sono cominciati a produrre didjeridoo “in miniatura” come souvenir, adatti al trasporto aereo ma non ad essere suonati.
NOTA BENE: Le illustrazioni di Andrea Ferroni sono state realizzate su sfondi fotografici di Alberto Furlan al solo scopo di illustrare il contesto in cui lo strumento tradizionale nasce.
L’artigiano aborigeno che precedentemente aveva concesso alcune sue immagini ha scelto di evitare di essere pubblicato applicando il suo diritto di veto. Diede una spiegazione che forse pochi possono comprendere, ma piena di significato: “in passato è stata utilizzata la mia immagine senza che mi venisse chiesto il permesso; ora che posso operare una scelta, vorrei poter adoperare la scelta di negare il consenso”.

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La figura 1 mostra il taglio dell’albero utilizzando una scure.

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In figura 2, il fusto tagliato a lunghezza.

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In figura 3 il ceppo del tronco rimasto a terra pieno dei residui lasciati dalle termiti.

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In figura 4 l’interno scavato dalle termiti.

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