6.3 Differenti tipi di strumento

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STRUMENTO E CARATTERISTICHE DIMENSIONALI
6.3 Differenti tipi di strumento

Molto genericamente i didjeridoo vengono classificati come infiniti o quasi, spesso catalogati dal punto di vista estetico o del materiale.
Se pur nella musica tradizionale aborigena esiste già una netta distinzione di due grandi famiglie principali, queste sono ancora oggi poco conosciute in Europa, eccetto tra i più appassionati.
Attualmente gli strumenti vengono sovente catalogati come: “forma par-ticolare”, “extra lunghi”, “extra bassi”, “campana grossa”, per materiale o per decorazione. A volte invece come “strumento veloce” o “strumento meditativo” (anche qui, dal 2006 al 2015 sono stati fatti molti passi avanti. Esistono forse meno categorie negli shop e maggiore attenzione).
Analizzando solo ed esclusivamente la funzionalità e le tecniche ottenibili con differenti strumenti, si potrebbero distinguere due principali famiglie di didjeridoo. Quelli cilindrici e quelli conici.
Senza doverci per forza discostare dalla tradizione in cerca di modernità e innovazione, troviamo questi due tipi di strumenti proprio nella musica tradizionale aborigena.
I nomi più comuni di questi due strumenti sono l’Yidaki ed il Mago, ri-spettivamente conico e cilindrico.
A seconda di come i fusti vennero scelti e lavorati dai differenti clan, si andarono identificando oltre a diversità di strumenti anche diversità di tecniche stilistiche e sonorità. Difficile capire se la costruzione abbia in-fluenzato il modo di suonare o se il modo di suonare abbia fatto in modo che i costruttori iniziassero a modificare gli strumenti in base allo stile.
I custodi delle tecniche di costruzione sono padroni di una incredibile capacità nel realizzare strumenti con un suono così fortemente caratteristico.
Ovviamente ogni strumento sarà sempre leggermente differente dagli altri della stessa famiglia, sia per i diametri mai costanti sia per differenti aperture della campana, ecc. Sempre rimanendo nel merito degli strumenti tradizionali, esistono delle differenze comunque considerate importanti tanto che si potrebbero distinguere delle sottofamiglie.
Ad ogni modo, pur riconoscendo le differenze di timbro all’interno di una stessa famiglia, queste sono meno facili da poter illustrare e non variano in maniera significativa lo stile in cui è necessario suonarli.

Analizziamo questi due differenti strumenti, conici e cilindrici, forme come già detto, utilizzate anche nella musica tradizionale ma che tratteremo nei prossimi paragrafi in base al loro utilizzo nella musica moderna.
Generalizzando si potrebbe dire che nei tubi conici la distanza tra nota base ed effetto tromba è circa un’ottava. Il dato è approssimativo, dato che dipenderà dalla conicità l’effettiva distanza tra esse. Quindi, avendo un didjeridoo in Mi è facile aspettarsi una tromba in Re, Mi o Fa.
Negli strumenti cilindrici invece, la distanza tra nota base ed effetto tromba è circa una tredicesima. Dobbiamo dire circa, anche nel caso di un tubo cilindrico perfetto (come un tubo in plastica ad esempio), perchè nota base ed effetto tromba non trovano una regola di proporzionalità fissa. Facile trovare questo riscontro con un didjeridoo telescopico. Allungando o accorciando il tubo, ad ogni distanza di un tono sulla nota base non corrisponde la distanza di un tono sull’effetto tromba. Più le note si fanno acute, più la distanza tra esse è minore. Esattamente come i tasti di una chitarra che sono più ravvicinati sulle note più acute di ogni corda.
Questa è la prima differenza riscontrata, differenza che sarà funzionale per lo stile.
Questo fa sì che sia più semplice eseguire un passaggio da nota base ad effetto tromba con tubi conici; facile intuirne il motivo, la differenza di pressione tra le labbra in questo passaggio sarà minore se si dovrà cam-biare di un’ottava, piuttosto che cambiare di un’ottava e mezza. Un po’ come dover salire gradini di dimensioni differenti.
Alcuni brani, se suonati con precisione e pattern ritmici adeguati, po-trebbero assomigliare a parti di batteria.
I tubi conici sviluppano molti più armonici. In questo caso lo spettro sonoro sarà decisamente più ampio rispetto ad un tubo cilindrico.
Dal punto di vista esclusivo dello spettro, si tenderebbe ad optare per un tubo conico per via del suono più corposo. Cosa significa avere uno spettro più o meno ampio al lato pratico?.
Con uno spettro più ampio, ogni piccolo suono emesso con le labbra troverà giusto supporto ed adeguata amplificazione. Questo permette soprattutto parti con tecniche atte a stoppare drasticamente il suono, quindi anche passare dal suono al silenzio frequentemente ed in velocità, di ottenere un ottimo risultato dal punto di vista dell’ascoltatore.
Con un tubo cilindrico, è possibile ottenere questo effetto, ma più limitato nell’entità del volume e con suoni che, se non eseguiti con precisione assoluta, potrebbero tendere al “rumore” o suono di pernacchia.
Viceversa, uno spettro più piatto, farà sì che, producendo gli armonici, cioè variando volume della bocca e pressione tra le labbra, questi si sentano in maniera più nitida e tagliente, facilmente udibili dall’ascoltatore.
In questo caso saranno gli strumenti conici a essere meno efficaci non riuscendo ad esaltare in ugual maniera gli armonici prodotti. In alcuni casi infatti, l’enfatizzare gli armonici più alti non fa altro che slittare la nota base di un semitono verso l’alto. Se si suona in Mi, ad esempio, si potrà arrivare al Fa, o dal Fa al Fa#.
Per avvalorare questa tesi, ritenendo che a volte sia più facile osservare il suono piuttosto che ascoltarlo, si riporta una ricerca fatta su questi aspetti illustrati nei prossimi due brevi paragrafi.

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